Siamo liberi. Speriamo di essere corroboranti

Alle lettrici e ai lettori che forse ci saranno.
Abbiamo deciso di creare questa rivista di cultura perché ci piace farla e ci teniamo a farla:

  • Libera. Senza alcun interesse e senza legami con tribù e riti della cultura, editori, influenze, ideologie.
  • Corroborante. Nella speranza che le cose di cui parliamo possano suscitare interesse e riflessione, il che in genere fa bene alla salute.
Avrà pochi articoli per volta su pochi libri e pochi temi via via sentiti come nostri, senza vetrine dei libri che escono, delle presentazioni, degli eventi letterari e così via.

Sappiamo bene che l’editoria è un’industria i cui prodotti sono predisposti da altri, gli scrittori, e come tutte le industrie ha bisogno di tanto carburante che la faccia girare, cioè le pagine scritte. Ha bisogno, per vendere, di cercare di andare incontro al gusto del pubblico, cercando magari anche, se ci riesce, di condizionarlo. Ha bisogno di un sistema di relazioni, di lobby, di marketing. Conosciamo poi, come tutti o quasi, la mediocrità conformista e condizionata che impera nei premi letterari e non di rado anche nella critica, ma sono cose comprensibili e normali e vanno considerarate serenamente degli strumenti appunto di marketing. Per cui le prediche e le recriminazioni sconfortate sono nella maggior parte dei casi fuori luogo, irrealiste, vagamente snob, come se chi si sconforta conoscesse l’arte di far apparire ogni anno, o magari di scrivere, centinaia di romanzi profondi o di insigni raccolte di versi.

Sappiamo però anche che, nonostante il “non si vende”, c’è uno spazio fiorente e per fortuna ineliminabile anche per una cultura, critica o divulgativa che sia, che tenti di essere di forte, seria, nel caso anche complessa, difficile. Come si usa dire, di qualità. Insomma anche nella cultura c’è posto per i vari target. Quello che non riusciamo a capire bene sono i criteri in base ai quali editori e agenzie letterarie stabiliscono “questo si, questo no”, in un paese dove si pubblicano decine di migliaia di libri l’anno, la maggior parte dei quali praticamente resta invenduto. Nella stragrande maggioranza dei casi il “non si vende” appare del tutto stravagante a fronte appunto dell’esorbitante quantità di libri editati che non si vendono. Evidentemente ci sono anche altri criteri di valutazione.
Noi non siamo sostenitori di alcuna poetica, sia in termini di contenuti che stilistici. Siamo decisamente contro ogni un libro si scrive così, il romanzo deve avere questa o quest’altra funzione. Sono affermazioni che l’autentico amore per la cultura e la creatività non dovrebbe mai fare, eppure in Italia, da sempre generosa produttrice di affermazioni di questo genere, sembra che questa mefitica tendenza sia in ripresa, trainata soprattutto dal maniacale politically correct o meglio follemente correct, come ha scritto di recente Luca Ricolfi. Molti autori si stanno accorgendo sulla propria pelle degli effetti sulla libertà di espressione di queste liste di proscrizione soft (rispetto almeno a quelle di Silla).

Cercheremo di contribuire a un po’ di conoscenza critica sui meccanismi delle decisioni editoriali. Così come cercheremo di rivolgere qualche attenzione, una goccia nel mare magnum, ai libri autopubblicati, ormai diventati un fenomeno non riducibile a un infinito numero di fallimenti e frustrazioni. Incappare negli allineati cavalli di Frisia degli editor di case editrici e agenzie letterarie, non significa necessariamente (per lo meno nell’1% dei casi?) aver scritto pagine brutte.

Siamo sostenitori di una critica chiara e comprensibile. Chiarezza e comprensibilità vanno perfettamente d’accordo con la profondità e con lo sforzo di capire e di far capire. Anche qui: in un contesto, quello della nostrana critica letteraria, tuttora spesso ancorata ai suoi vezzi, ai suoi manierismi compiaciuti, al suo esibizionismo. Consci che criticare un libro o un fenomeno culturale, al di là della capacità di analisi e della serietà dell’approccio, è fenomenologicamente in ultimissima analisi un mi piace o non piace, sono d’accordo o non sono d’accordo.

Se qualcuno dei nostri venticinque lettori avrà voglia di condividere con noi le sue impressioni, di criticare i critici, di suggerirci qualche novità, ne saremo lieti e gliene saremo grati.

2 commenti su “Siamo liberi. Speriamo di essere corroboranti”

  1. Fabule Magazine si inserisce a pieno titolo nel dibattito critico sull’editoria italiana, condividendo molte delle preoccupazioni espresse nei blog e negli ambienti culturali indipendenti riguardo al potere dei grandi gruppi editoriali, alle logiche di marketing, alla mediocrità percepita di certa critica e alla necessità di preservare spazi per una cultura libera, di qualità e non conformista. Tuttavia, il suo tono pragmatico e la sua dichiarata volontà di “fare” cultura in modo indipendente suggeriscono un approccio propositivo che potrebbe rappresentare una voce interessante e “corroborante” nel panorama culturale italiano contemporaneo. Resta da vedere se Fabule Magazine riuscirà a tradurre questi intenti in una pratica editoriale coerente e incisiva. Spero sia così. Buon lavoro.

    1. Grazie giudism del tuo commento. Noi contiamo di manterenere la barra dritta su quanto abbiamo dichiarato all’inizio del nostro lavoro e contiamo sull’appoggio di chi condivide il nostro approccio. Fatti sentire ancora.

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