La follia del follemente corretto: ma alla fine chi dà gli ordini?

Luca Ricolfi, Il follemente corretto. L’inclusione che esclude e l’ascesa della nuova élite,
La Nave di Teseo, Milano, 2024

Le cose che scrive Luca Ricolfi nel suo ultimo saggio sul follemente corretto per la maggior parte le conoscevo già. Basta vivere nell’odierna società occidentale, raffinatamente dedita alla propria autodemolizione, basta in particolare frequentare, nel mio caso anche per motivi professionali, il mondo della cultura e dell’università, per toccare con mano tutto quello che il professor Ricolfi ci racconta. Detto ciò, e si tratta di un enorme apprezzamento, leggendo il libro sono rimasto ammirato dalla potenza sintetica e chiara, direi addirittura altamente divulgativa, del quadro della situazione delineato da Ricolfi. Ammirato e inquietato.

Tutta la follia del follemente corretto mi e ci era più o meno nota. Ma Ricolfi ce la sbatte davanti agli occhi, prima ancora che con le analisi, con l’evidenza dei fatti e pone domande proprio serie sulle conseguenze politiche e sociali di questa manieristica ossessione autodistruttiva del mondo bianco, ormai non più solo la parte maschile, fondata alla fin fine sul complesso di colpa. Complesso che, per quanto ne so, non ha minimamente sfiorato né i Mongoli conquistatori di Gengis Khan, né gli Arabi altrettanto conquistatori e per secoli grandi mercanti di schiavi, nonché non particolarmente paritari con le loro donne, con le altre razze e con gli infedeli, né i russi zaristi e sovietici, né gli epigoni dell’impero turco, nè nessun altro. Complesso di colpa derivante dal fatto che per un brevissimo periodo della storia umana, all’incirca cinque secoli, siamo stati tecnologicamente più forti degli altri; cosa che non era stata nei 300.000 anni precedenti e che oggi di nuovo non è più. Quindi, è evidente, nessuna superiorità razziale dell’uomo bianco. Solo qualche secolo in cui siamo stati più forti e prepotenti, così come appunto lo erano stati i Mongoli, i Turchi, i Cinesi, gli Aztechi, gli Khmer e via dicendo.

Non tenterò qui di fornire nemmeno il più scheletrico riassunto dei temi affrontati da Ricolfi. Arrivo direttamente alle domande che già mi ponevo e che a maggior ragione di sono posto durante la lettura.

La prima: in questa follia occidentale quale è la “catena di comando”? Ricolfi ci racconta tutto ma non questo, non ci fa capire quale è la dinamica concreta che determina il terrore che attanaglia la stragrande maggioranza della cultura e delle élite delle nostre parti. Il terrore dello stigma derivante dalle accuse di non essere inclusivi. Il terrore che fa licenziare alle università i professori che non censurano convintamente Shakespeare. Che fa organizzare alle aziende corsi, per i loro dipendenti, di formazione alla diversità. all’equità, all’inclusività paragonabili agli indottrinamenti dell’epoca più oscura del comunismo, con tanto di censure, punizioni e allontanamenti per chi non introita alla lettera i dettami impartiti. Il terrore che fa evitare a funzionari, manager e professori le finali maschili e femminili quando scrivono una mail pubblica e ricorrono al car* tutt*.

Si, c’è la mitologica comunità lgbtqiapk+, ci sono i sacrosanti movimenti a sostegno dei neri e di altri gruppi etnici discriminati, offesi e sfruttati dal predominio bianco, ci sono gli studenti che sempre, e sempre sacrosantamente, si scaldano contro le ingiustizie. Ma alla fine: chi comanda chi? Chi stigmatizza chi? Perché alla minima scorrettezza si ha il terrore di essere stigmatizzati da coloro che sono a loro volta terrorizzati se non stigmatizzano? Stigmatizzati da chi? Chi minaccia chi? Cosa succede ad Harvard se non si adegua alle prepotenze più stravaganti? Quale organismo, quale gruppo la danneggia e facendo cosa? Il tragico è che non si parla solo di stigma ma, fatti alla mano, di licenziamenti, di censure, di impossibilità di pubblicare un romanzo se non segue le auree regole della correttezza cui ogni casa editrice si attiene in maniera scrupolosissima. Se no? Se no cosa succede e chi lo fa succedere? Insomma: perché tutti si accodano, non di chi ma di cosa hanno paura? Questo in ultima analisi non mi è chiaro e sento l’esigenza di quella che i sociologi chiamano ricerche sul campo che ce lo chiariscano.

La seconda: possibile che nessuno tra i così detti progressisti non si renda conto che l’idolatria della correttezza è uno dei fattori che portano acqua al mulino delle peggiori destre che l’occidente abbia conosciuto dal 1945 a oggi e le aiutano a vincere? E’ vero: la sinistra si è concentrata sui diritti civili e sull’inclusione perché sui temi delle disuguaglianze economiche e sociali, sui rapporti di lavoro e sugli altri temi duri e concreti che ne costituivano la ragion d’essere ha, almeno per il momento, perso e straperso e non sembra in grado di opporre alcunchè di coinvolgente per le masse al capitalismo finanziario vincitore. Ma un piccolo sforzo a ricominciare sulla vecchia, ma sempre più attuale via, non potrebbero provare a farlo?

La terza: è, come da sempre, il sesso l’infallibile innalzatore della curva dell’attenzione? Bisogna parlare di problematiche ma soprattutto di gusti sessuali se si vuole tirare la volata al resto: anche sul terreno dei diritti civili questa inesorabile legge mediatica si conferma in pieno. Stiamo parlando di tutti diritti, ancora una volta, sacrosanti, che hanno richiesto e richiedono lotte difficili e a volte dure per essere portati all’attenzione del mondo. Ma difficilmente le lotte antirazziste, la cancel culture, il boicottaggio di Mark Twain, Faulkner, Dostoevskij, Omero, avrebbero tanta visibilità mediatica e tanti terrorizzati zelanti seguaci se i diritti civili più civili degli altri non fossero quelli di natura sessuale. Ricolfi lo dice con chiarezza: “Lo spazio che i politici, i media, l’establishment culturale in genere riservano ai diritti LGBT+ è infinitamente maggiore di quello concesso a qualsiasi altra categoria, per quanto oppressa, sfruttata, emarginata, bisognosa di protezione”.

Ma è sempre stato così. Se il furbissimo generale Vannacci si fosse limitato a casa, famiglia, Patria, sicurezza, ambientalismo, energia, legittima difesa, temi pur carissimi alla destra triumphans, e avesse tralasciato il capitolo sul pianeta lgbtq+++, con buona probabilità oggi si occuperebbe ancora di carte geografiche per l’esercito.

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