Copertine per gli occhi: la soglia meravigliosa

Il volto dei libri. Libri da vedere (2019), è il titolo della mostra curata da Giuseppe Garrera e Igor Patruno, che, attraverso una selezione di copertine d’autore, ha posto le basi per una storia del potere e della bellezza attraverso le copertine dei libri prodotte dall’editoria italiana dal 1950 a oggi; una storia ancora tutta da scrivere che ha raccolto alcuni dei casi più significativi e spettacolari di copertine e di esperimenti sulla forza di un libro, ancora prima che sia aperto e letto: ovvero del libro come oggetto d’arte e di illuminazione iconica. Dunque messaggi per gli occhi, pitture e grafica per un invito alla lettura e al viaggio. L’avventura visiva del libro.
Si parte dalle leggendarie copertine di Bruno Munari, per arrivare alle scelte eccezionali, legate a vesti editoriali volute, desiderate e indicate da scrittori come Carlo Emilio Gadda e Elsa Morante, spesso con l’intento di trasmettere messaggi intimi, proibiti, o di alludere e colpire pericolosamente il lettore, costituendo già dalle copertine una araldica speciale di libri come pietre, bombe o fiori. Un caso a sé, tra questi, unico e assoluto per intransigenza e potenza iconica, è quello di Jerome David Salinger e delle indicazioni per la veste editoriale del suo libro, con tutte le copertine, le varianti, le correzioni, che ricostruiscono la tormentata vicenda visiva italiana del Giovane Holden.

Bruno Munari

Bruno Munari scriveva che la prima educazione che un libro compie entrando in una casa è un’educazione visiva. In virtù della copertina e del valore scultoreo dell’oggetto, un libro è presenza immaginifica e soglia suggestiva. Il contributo di Munari alla forma e all’apparizione dei libri è incalcolabile, dalla Bompiani all’Einaudi è un succedersi di invenzioni e innovazioni ma soprattutto di dedizione e vera e propria militanza.

In Munari confluiscono due grandi tradizioni immaginifiche. Innanzitutto quella derivata dalla sua partecipazione all’ultima fase del Futurismo, e dunque la concezione del libro come oggetto anarchico, esplosivo, irrispettoso, sempre sorprendente: il libro è di per sé, come forma che s’apre e squaderna, sorpresa, e questo Munari non lo dimentica mai. Il libro è promessa e manifestazione dell’insolito e dello straordinario, è un oggetto di gioco continuo nella forma, nella copertina, nella scelta delle carte, nell’impaginazione, e la copertina, tutta, come soglia speciale, è soglia di un altrove e di uno sprofondamento e viaggio. Aprire un libro è sempre un atto magico.

Alla concezione anarchica del libro, dove il tattile si con giunge con il visivo, si affianca quella che proviene dall’esperienza del MAC, il Movimento per l’Arte Concreta, fondato a Milano nel 1948 oltre che dallo stesso Munari, da Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Ettore Sottsass e altri artisti intenzionati a percorrere la strada di un astrattismo prevalentemente geometrico, basato sulla ricerca della bellezza nelle linee di un ordine ideale.

Il Futurismo da una parte e il Movimento per l’Arte Concreta dall’altra, restano nell’ispirazione visionaria di Munari come coesistenza di disordine e ordine, di follia e ragione, di anarchia e regola, ovvero come un flusso ininterrotto di creatività che si produce dalla coabitazione di elementi opposti o, meglio, dalle strutture di una mente, nel senso più alto del termine, radicalmente infantile. Abbiamo così da un lato le copertine come visione immediata ed estrema del libro in quanto oggetto, e dall’altro le copertine come misura e bellezza geometrica, come continuo ricordo e testimonianza dell’ordine del mondo e delle virtù d’intelletto.

Nel primo caso – pensiamo alle copertine degli anni Cinquanta per la Bompiani – partendo dal contenuto e dal titolo del libro, Munari crea per la copertina una sorta di stemma araldico, trasformandola in una vera e propria livrea, capace di rendere l’appartenenza, il tono e il contenuto che poi il lettore troverà nel testo, ma senza mai sacrificare l’autonomo valore di forma e pittoricità dell’immagine elaborata (anche se perdessimo il titolo del libro resterebbe per noi un’icona di valore) Questa forza figurativa raggiungerà la sua massima espressione nelle edizioni «Un libro al mese» del Club degli Editori.

Tra il 1960 e il 1966 usciranno settantasette volumi; si tratta di ristampe di libri di successo e la caratteristica munariana, comune a tutti i volumi, è un’immagine “blasone” che si espande senza soluzione su tutta la copertina, occupando fronte, dorso e retro, letteralmente e semplicemente avvolgendo il libro, come una “coperta” ricamata, ornata, istoriata. Potremmo dire, per paradosso, che l’ideale sarebbe togliere la sovraccoperta, spiegarla, distenderla e incorniciarla, e leggere il libro contemplando, di tanto in tanto, l’immagine totale, come fosse una guida visiva, la bandiera del libro che stiamo attraversando.

Nel secondo caso – come accade per la collana «I Satelliti» di Bompiani o il «Nuovo Politecnico» di Einaudi – Munari ragiona non più sul libro come singolarità, ma sulla collana, sulla sua appartenenza a un cosmo intellettuale. A partire dal 1971, proprio per «I Satelliti», Munari crea una soluzione semplicissima e visivamente assoluta, garantendo una veste grafica di alta visualità e unità: su un fondo bianco campeggia un pianeta nero, perfettamente circolare, al cui interno risplendono, in bianco, autore e titolo. A mano a mano che escono i volumi della collana si vanno aggiungendo intorno punti neri – satelliti – che andranno a costituire progressivamente un cielo intero e a formare una costellazione.

 

L’impatto visivo garantisce bellezza e chiarezza a ogni volume e all’insieme, il tutto con regole severe di bianco e nero e cerchi: niente altro. Ogni libro ha così la sua particolarità, ovvero il titolo e il nome dell’autore, ma allo stesso tempo appartiene visivamente a un insieme, il singolo e il tutto coincidono.

C’è un tale rigore in tutte le collane progettate e curate da Bruno Munari per Einaudi che non si finisce di averne ammirazione: un rigore geometrico di ordine e misura in cui a dominare sono il quadrato e i colori nero, bianco e rosso.

Qui l’esperienza del MAC regna sovrana. Munari concepisce il libro come oggetto visivo da ogni punto di vista lo si guardi – e dunque il fronte (la copertina) e il dorso (le linee rosse orizzontali nella collana «Nuova Universale Einaudi» o la numerazione e il quadrato rosso nell’allineamento sulla libreria per la collana «Nuovo Politecnico») – o lo si tocchi (cubo o parallelepipedo). L’oggetto libro accoglie e raccoglie una esperienza visiva, una lezione estetica, a prescindere dalla funzione della lettura. Appoggiato su un tavolo, collocato in libreria, aperto, chiuso, preso in mano, portato al naso, il libro in ogni sua angolazione, o posizione, produce visione e declina ordine e bellezza, e contribuisce a un’educazione.

Le copertine più semplici di Munari sembrano destinate a essere quadri e i dorsi sculture. Ad esempio qualsiasi esemplare della collana «Nuovo Politecnico» (con in alto titolo e numero di collana, seguiti da autore e titolo in maiuscolo e un quadrato rosso su sfondo bianco e lo stesso quadrato in piccolo sul dorso come richiamo) esprime la forma di un’idea. Linea, spazio e quadrato come elementi assoluti di tutto. L’ideare, l’immaginare e progettare di Munari rinviano ogni volta, nell’oggetto libro, alla felicità e alle leggi magiche dell’invenzione. Si pensi alle strisce rosse nella «Nuova Universale Einaudi» e come anche qui immagina il libro non solo poggiato sul tavolo, o tenuto in mano, o incorniciato, ma posizionato, chiuso, sullo scaffale.

Munari è molto attento al dorso, e il dorso deve permettere l’identificabilità facile e immediata dell’oggetto libro anche quando si trova chiuso e meno visibile e insieme ad altri sullo scaffale di una libreria.

Copertina munari kafka

La tradizione Futurista e la tradizione dll’arte astratta del MAC confluiscono e si uniscono in maniera meravigliosa nei libri per bambini. La collana «Tanti bambini» viene avviata da Einaudi nel marzo del 1972, quando compaiono i primi quattro vo lumetti. Bruno Munari così la presenta: «Fiabe e storie semplici, senza fate e senza streghe, senza castelli lussuosissimi e principi bellissimi, senza maghi misteriosi, per una nuova generazione di individui senza inibizioni, senza sottomissioni, liberi e coscienti delle loro forze».

La collana viene distribuita in edicola, ogni volume, senza cartonatura, è costituito da pochi fogli e ha forma quadrata. L’obiettivo è quello limitare drasticamente le spese e farla costare pochissimo. È rivolta a bambini dai quattro ai sei anni, in età prescolastica, e persegue l’intento di raccontare storie attraverso una cura grafica assoluta. È un’esperienza visiva, di iniziazione alla magia del libro. Ogni volumetto è pensato per essere condiviso dal maggior numero possibile di lettori. Le storie iniziano dalla copertina, si è già dentro e non esiste più alcuna soglia. Dal 1972 al 1978 usciranno sessantasei titoli. Per la distribuzione in libreria Munari concepisce una «scatola tantibambini» che raccoglie di volta in volta otto fascicoli con la dicitura, dentro un quadrato rosso, «otto tantibambini tuttidiversi». Il primo numero della collana è L’uccellino Tic Tic, con disegni di Emanuele Luzzati e testo di “E. Poi”. in realtà pseudonimo di Bruno Munari stesso. «E poi?» è il magnifico intercalare di ogni bambino nell’incanto e nell’ansia di seguire il racconto di una storia.

Munari utilizzerà questo pseudonimo anche per i numeri 20, 26 e 51, divertendosi, dal numero 20, ogni volta a creare un finto diverso profilo biografico per E. Poi.

In generale tutti i libri di Munari per bambini danno corpo all’esperienza dell’illeggibilità, una contraddizione interna all’idea stessa di libro, ma vicina all’esperienza del libro come corpo magico, scrigno di avventure senza limiti e prevedibilità. Quest’idea avrà il suo compimento editoriale solo nel 1980 con «I Prelibri», per le edizioni Danese di Milano: qui si tratta del libro prealfabetico, ovvero non un libro da leggere ma da annusare, o da toccare, o da sfogliare, o da girare, o da mangiare.

Il libro come oggetto polisensoriale e multidirezionale. «I Prelibri», in numero di dodici, sono tutti quadrati perfetti, dunque hanno un ordine geometrico, ma all’interno di quest’ordine geometrico possono accadere tutte le avventure conoscitive possibili (storie, colori, materia li, incidenti, spazi, tempi): abbiamo stoffa, carta, legno, plastica trasparente, piuma, anche una formichina che fugge, o un batuffolo di lana, finestre, spiragli, tagli, pieghe.

Il bambino conosce il mondo attraverso la forma libro, in tutta la sua polisemia e in tutta la sua esperienza sinestetica. «I Prelibri» sono, a livello editoriale, il compimento del sogno del libro prescolastico e per l’infanzia di Munari. Un libro non da leggere ma da vivere, ovvero un libro che permette di sperimentare la realtà. L’inizio e la fine si ricongiungono: polimaterica era stata una delle tradizioni del Futurismo, così come Munari al tattilismo aveva dato la sua totale adesione.

(Prima parte- segue)

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Unisciti alla nostra community letteraria!

Altri articoli che potrebbero piacerti

Short note