Invictus e altre letture

Nelson Mandela, primo presidente nero del Sudafrica e icona antiapartheid, ha trascorso ventisette anni della sua vita in prigionia. La mattina del 10 maggio 1994, gli occhi di tutto il mondo erano puntati sulle toccanti immagini della sua investitura. Fondatore della lega giovanile dell’African National Congress, Mandela si impegnò fin da subito nella lotta per i diritti civili e politici della popolazione nera contro la supremazia bianca.

Da giovane militante, aveva dedicato molto del suo tempo a formarsi, a rafforzare ideologie e strategie, ispirato dalle letture sui temi della guerriglia di Che Guevara, Mao Tse-Tung, Fidel Castro, Carl von Clausewitz. Al processo di Rivonia, così aveva risposto ai giudici: “I have read some books, pro and against socialism, communism, capitalism and imperialism”. Accusato a più riprese, la lotta armata gli valse la condanna all’ergastolo per atti sovversivi, e la deportazione a Robben Island, isola spoglia, circondata dall’Oceano Atlantico, vicino al Capo di Buona Speranza, con vista sulla baia di Città del Capo. Arida e battuta da un sole senza ombra, d’inverno sull’isola si addensano nubi minacciose, con le onde che si infrangono violente sulla scogliera. Non è difficile immaginare l’isolamento al buio della cella, attraversata dal vento freddo e notturno che penetra dai tetti di lamiera.

Durante la lunga prigionia, Mandela non smette mai di leggere. La lettura come salvezza e nutrimento per anima e corpo; lo ha spesso ricordato nelle sue interviste. Neanche la censura e i controlli gli hanno impedito il contatto con i libri, incarnazione della sua sopravvivenza nei periodi di detenzione, a Robben Island, poi a Pollsmoor e infine nel carcere di Victor Verster. Al rientro in cella, dopo i lavori forzati nella cava di calce, “Madiba” (soprannome Xhosa), si immergeva nella lettura. Questo gli permetteva di elevare la mente, di restare vigile, di sostenere la fragilità della sua esistenza, e non meno importante, condividere le riflessioni con i compagni di prigionia. L’elenco dei libri letti dal detenuto Mandela è vasto: Guerra e Pace, di Fëdor Dostoevskij; Il Potere del Pensiero Positivo, di Norman Vincent Peale; As You Like It, di William Shakespeare; Red Star Over China, di Edgar Snow sulla rivoluzione cinese; Commando, di Deneys Reitz, sulle tattiche di guerriglia durante la guerra anglo-boera; The Revolt, di Menachem Begin, sulla lotta armata del leader israeliano, e ancora, il romanzo dell’attivista anti-apartheid Nadine Gordimer, Burger’s Daughter, sulla lotta clandestina degli afrikaner. Il libro, proibito in Sudafrica, gli fu consegnato di nascosto nella prigione di Robben Island, e aiutò Mandela a comprendere meglio le idee e l’attivismo dei bianchi sudafricani che si opponevano alle leggi razziali, offrendo una visione più ampia della strategia contro l’apartheid.

C’era spazio anche per la poesia tra le letture di Mandela. Spesso citava i versi poetici nelle lettere dalla prigionia. Aveva grande rispetto per la poesia africana contemporanea, apprezzava la diversità di voci che ne celebravano la cultura. Mandela ammirava i poeti africani impegnati nelle rivendicazioni sociali per il diritto alla libertà e all’identità. Leggeva i testi di Wole Soyinka, Dennis Brutus, e Maya Angelou, capaci di veicolare l’arte della poesia e raccontare l’emarginazione, a sostegno della militanza nella lotta contro il razzismo.

“Invictus” di William Ernest Henley, è il testo poetico che più ha ispirato Nelson Mandela in particolare l’ultimo verso, diventato per lui un mantra:
“…Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.”

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