La conversazione tra Bobby e Asher sulla Fisica. Sul quinto capitolo di Il passeggero di Cormac McCarthy.

Nel romanzo Il passeggero ogni capitolo è strutturato in due parti: quella di Alicia Western (in corsivo) e quella di Bobby Western. Il racconto delle vicende dei due fratelli è sfalsato temporalmente: le vicende di Bobby, accadono dopo il suicidio della sorella. Bobby è un fisico, ma svolge il mestiere di subacqueo ed è innamorato perso della sorella dall’età di tredici anni. Alicia è una geniale matematica, è bellissima, soffre di gravi allucinazioni ed entra ed esce dalle cliniche psichiatriche. Ricambia i sentimenti del fratello e, anzi, vorrebbe spingere il rapporto amoroso verso le naturali conseguenze.
Il primo accenno ai temi di Fisica trattati nel quinto capitolo è contenuto nella parte di Alicia. È nella sua stanza. Si è appena messa a letto. Il Kid, il personaggio più assiduo nelle sue allucinazioni – un ragazzo focomelico con le braccia a forma di pinne – si avvicina nel buio e le dice: “Non saprai mai di cosa è fatto il mondo. L’unica cosa certa è che non è fatto di mondo. Quando ti accosti a certe descrizioni matematiche della realtà non puoi evitare di perdere quel che viene descritto.” Insomma il linguaggio matematico propone una conoscenza del mondo che talvolta non ha alcuna relazione con la nostra esperienza del mondo.
Continua il Kid: “Qualsiasi indagine soppianta ciò che indaga.” Sembra esserci un riferimento al principio di indeterminazione di Heisenberg: misurare lo stato di una particella comporta una interferenza che impedisce di stabilirne contemporaneamente la velocità e la posizione. Per dirla con Heisenberg: «Nell’ambito della realtà le cui condizioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono […] a una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere […] è piuttosto rimesso al gioco del caso.» In altri termini: «Il limite di precisione, che è imposto dalla natura, ha l’importante conseguenza che in un certo senso cessa di essere valida la legge di causalità.»
Ancora il Kid: “Un momento nel tempo è un evento, non una eventualità.” Viene in mente Ludwig Wittgenstein: “Il mondo è tutto ciò che accade. Il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose. Il mondo si divide in fatti. Ciò che accade, il Fatto, è il sussistere di Stati di Cose. Noi ci facciamo immagini dei fatti.”
In pratica è la descrizione del processo della conoscenza, ma anche del limite oltre il quale non possiamo andare. Il conoscere si basa sul farsi una immagine dei fatti, ma questo processo è indissolubilmente legato alla nostra evoluzione, al nostro percepire il mondo in base a quello che siamo e a come siamo (i cinque sensi, l’intelletto, la ragione).
“Il mondo si prenderà la tua vita” conclude il Kid. “Ma soprattutto e in ultima istanza il mondo non sa che sei qui. Tu questa cosa credi di capirla. Ma non la capisci. Non intimamente. Se così fosse saresti atterrita. E non lo sei. Non ancora. E adesso buonanotte.” La conoscenza presuppone sempre una qualche forma di sofferenza.
Il tema del momento nel tempo torna nel dialogo tra Bobby Western e John Sheddan. Sheddan, dopo aver evocato la notte universale, ovvero l’irreversibilità del destino del mondo (come non pensare all’entropia?), ed aver profetato che “anche il cinico più indifferente rimarrà strabiliato dalla rapidità con cui ogni regola e restrizione che puntella questo edificio scricchiolante verrà abbandonata a favore di ogni tipo di aberrazione”, dice a Bobby: “(…) Il tempo e la percezione del tempo. Due cose ben diverse presumo. Una volta tu hai detto che un momento nel tempo è una contraddizione perché non può esistere qualcosa di immobile. Che il tempo non può essere costretto in una brevità che contraddice la sua stessa definizione.
E subito dopo aggiunge: “Hai anche suggerito che il tempo potrebbe essere incrementale piuttosto che lineare.
Il tempo non è una costante universale: sappiamo con certezza che scorre più lento in basso e più veloce in alto. Sull’orlo di un buco nero, poi, rallenta e in pratica si ferma. Il tempo relativistico è indissolubilmente legato alla posizione e alla velocità. Nelle equazioni quantistiche il tempo non c’è, non viene proprio preso in considerazione. Il tempo sembra scorrere solo quando il calore va dalle cose calde alle cose più fredde. Insomma, quando c’è l’entropia. L’entropia non sembra essere un processo reversibile, anche se il fisico Ludwig Boltzmann ne ha dato una interpretazione indeterministica, basata sul calcolo probabilistico. Ad ogni modo la freccia del tempo in Fisica si manifesta soltanto nella non reversibilità dei processi termodinamici.
La considerazione sul tempo incrementale è affascinante perché Bobby, da fisico, sostituisce l’idea della linearità, quindi l’idea del tempo come durata, con quella incrementale. L’immagine poetica è splendida e richiama lo scorrere di una pellicola, fotogramma dopo fotogramma. “Pensaci un attimo. Un uccello intrappolato in un fienile che si muove attraverso le lame di luce uccello dopo uccello. La cui somma è un solo uccello.
La conversazione sulla Fisica con Asher, successiva nel quinto capitolo a quella di Bobby Western con Sheddan, sembra occuparsi sostanzialmente di come la realtà diventa conoscibile. Anche se poi la meccanica quantistica resta una intuizione i cui meccanismi sono difficili da comprendere.
La teoria della matrice S soppiantata dalla teoria della cromodinamica quantistica, a sua volta scavalcata dalla teoria delle stringhe. Gli accenni alle varie teorie non hanno un particolare significato nel romanzo, se non quello di rappresentare come intere generazioni di fisici hanno dedicato la vita ad una idea rivelatasi alfine non percorribile. Il padre di Bobby, ad esempio, fisico anche lui, aveva seguito Geoffrey Chew e la teoria della matrice S, finendo nel dimenticatoio insieme alla teoria.
(…) la ragione per cui non riusciamo a capire appieno il mondo quantistico è perché non siamo evoluti in quel mondo.” Lo dice Asher. Poi chiede a Bobby se Einstein avesse lavorato con Boltzmann. La risposta è affascinante.
Non lo so. Quello che aveva ereditato da Boltzmann era il sospetto che in una certa misura le leggi della termodinamica potessero non essere fisse.” Lo sappiamo, Boltzmann negava il determinismo e quindi il rapporto di necessità tra causa ed effetto. Anticipando in qualche modo la visione di Heisenberg. Riconoscere la non validità della legge di casualità non vuol dire che, certamente, la freccia del tempo invertirà la sua direzione, ma nemmeno che non accadrà. Boltzmann aveva intuito che in natura può manifestarsi il caso, magari sotto forma di fluttuazioni imprevedibili.
Bobby Western cita Kant. “Sulla meccanica quantistica l’opinione di Kant è che – cito – «Non si adatta alle nostre facoltà cognitive».” È una citazione falsa se riferita alla meccanica quantistica, della quale Kant nulla sapeva. Ma ha un senso se la si collega al problema delle condizioni entro le quali una conoscenza può essere ritenuta valida (sensibilità, intelletto, ragione).
La conversazione si conclude.
Dice Bobby: “La fisica cerca di fornire una rappresentazione numerica del mondo. In effetti non so se spieghi tutto. Non si può illustrare l’ignoto. Qualunque cosa questo significhi.
Asher ammette di non conoscere la Fisica, ma se la conoscesse come Bobby, ci crederebbe. “A prescindere da tutto.
La risposta di Western è pura poesia. “Be’. Stando alla mia esperienza la gente che dice a prescindere da tutto raramente ha idea di cosa possa rivelarsi quel tutto. Né ha idea di quanto pesante quel tutto possa diventare.

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